
Scrivo per dieci minuti. Butto giù qualche idea, piccoli germogli spuntano nella pagina bianca, porteranno a qualcosa di buono e forse a qualcosa che poi scarterò. Non importa: sto creando.
Sapevi che la parola poesia deriva da un verbo greco che prima di tutto significa creare, inventare? La parola ha uno spunto creativo unico e potente, gli antichi greci lo sapevano bene. Italo Calvino ci dà una definizione evocativa di questa arte:
La poesia consiste nel fare entrare il mare in un bicchiere.
Comincia da una parola, ma comincia: è quello che suggerisco ai miei studenti quando di fronte al foglio vuoto si fanno titubanti. Ed è quello che mi ha ricordato di fare Valeria in tre lezioni sugli attrezzi della comunicazione. Non è facile far fiorire dieci minuti: la nostra capacità di concentrazione è sofferente, complici sono lo smartphone e le giornate che scorrono frenetiche veicolando troppi stimoli disordinati e sovrapposti. Tendiamo a spezzettare le nostre attività con brevi intervalli dettati dai diversivi social, oppure con la convinzione di riuscire a portarne avanti tre nello stesso momento. Succede anche a te?
Se riuscissimo a rallentare e dedicare un tempo buono al pensiero che fluisce, ascoltarlo e metterlo sulla pagina, faremmo sì una sola cosa alla volta, ma il risultato sarebbe migliore. Hai mai pensato al potente meccanismo per cui quello che ci frulla in testa si trasforma in un messaggio per altri? Se scriviamo non lo facciamo solo per noi stessi, ma speriamo che qualcuno apprezzi le nostre idee e si ritrovi nelle nostre parole, e magari le trovi utili.
La scrittura è un processo meraviglioso e getta ponti verso chi incrocia la nostra strada, per caso o volutamente. La scrittura per me è come la matematica per Filippo che al colloquio d’esame ci ha raccontato che nel momento stesso in cui si attiva per risolvere un problema difficile, ha la sensazione che nel suo cervello si muovano degli ingranaggi e in quel preciso momento è soddisfatto e felice, nonostante l’impegno e la fatica.
Ho imparato che dieci minuti sono un salvagente nella mia giornata, aggiunti ai venti di lettura. È un tempo che ho scoperto di amare, ma talvolta mi capita di rimandarlo: qualcuno mi chiama, sono stanca, non mi sento ispirata. E così mi perdo queste parentesi di ossigeno per l’anima, la giornata finisce e le idee che avevo in mente evaporano e non tornano più, non tutte per lo meno.
Dieci minuti sono pochi in una giornata ma, se spesi bene, sono un’ancora di salvezza: in dieci minuti si possono fare cose molto poetiche, nel senso greco-antico del termine: scrivere mezza pagina, sfogliare un libro o aprirlo a caso, trovando la risposta a una nostra domanda, fare una mappa di parole chiave, stilare un elenco di cose che amiamo, riscoprire la semplicità di fissare gli scaffali dei libri oppure cartoline o fotografie e trovare ispirazione, pianificare un piccolo progetto, spostare lo sguardo e immaginare, trasformare il seme di un’idea in un giardino di appunti.
Dieci minuti bastano per concentrare la nostra energia tutta in un momento e renderlo unico. Ci proviamo?
volli, e volli sempre, e fortissimamente volli.
È la celebre frase di Vittorio Alfieri, contenuta nella Lettera a Ranieri de’ Casalbigi, scritta da Siena il 6 settembre 1783. Con questa espressione il poeta esprimeva il fermo impegno che aveva assunto con sé stesso, dopo che la sua prima tragedia, Cleopatra, aveva riscontrato grande successo. Alfieri aveva promesso di compiere ogni sforzo per concentrarsi e scrivere, arrivando addirittura a chiedere al suo domestico di legarlo alla sedia!
Direi che non è necessario arrivare a tanto, basterebbe non mentire a noi stessi, prestare attenzione alle priorità e ascoltarci, per dieci minuti buoni.
(photo by Malvestida Magazine on Unspalsh)