riflessioni sulla molteplicità, da Maga Magò a Fellini, alla ricerca della molteplicità, essere e apparire

L’estate e il suo ritmo lento mi permettono di fare alcune riflessioni su aspetti importanti della mia comunicazione e del mio lavoro. In questo periodo dedico tempo a letture e studio, scrivo moltissimo, partecipo a concorsi di poesia (davvero!) e mi lascio ispirare da tramonti, arte e immagini, per esempio utilizzo molto Pinterest e sperimento le potenzialità di Canva.

Collage, poesie e film, il libro di Norma’s teaching e Design your life di Burnett e Evans, mi hanno messo sulle tracce della molteplicità ed è nata così una ricerca di cui ti propongo solo qualche spunto leggero. La molteplicità è un tema molto dibattuto a vari livelli, si presta a collegamenti e riflessioni ad ampio respiro. Se vissuto come un valore, può aiutare a trovare lo slancio in un progetto, offre soluzioni, ci ispira. Per esempio attingere a saperi diversi, cimentarsi in più tecniche narrative o artistiche, interessarci alle passioni degli altri, tutto questo ci rende poliedrici, aperti e produttivi.

Ecco in sintesi quello che ho raccolto.

Maga Magò, nome originale Mad Madam Mim, è forse il personaggio Disney che preferisco. Perché? È matta, si diverte sempre, ha i capelli viola e cambia aspetto in modo fantasioso ma soprattutto autoironico.

La molteplicità è una sua caratteristica peculiare: durante il duello con Mago Merlino diventa tante cose diverse finché non viene sconfitta perché lui si trasforma in un virus che la fa ammalare.

A mio avviso, la molteplicità è una qualità che spacca spicca, la ammiro molto come ammiro chi la possiede e ne parlo anche qui. Vorrei tanto riuscire a cambiare sguardo con disinvoltura per risolvere un problema e superare un intoppo, ma ahimè io sono abbastanza regolare, mi piace conoscere bene quello che faccio, mi muovo con agilità nei miei schemi e nelle mie passioni, mentre di fronte all’inatteso ho bisogno di tempo per rielaborare e non sempre mi adatto.

Sulla molteplicità posso lavorare, anzi voglio perché potrebbe venirmi in aiuto.

In realtà, a pensarci bene, la soluzione è dentro di noi: noi conteniamo moltitudini, come direbbe Walt Whitman. Dobbiamo solo accogliere questa trasformazione, facilitarla, applicarci al nuovo con più coraggio. Ricordi come faceva Gadda nella descrizione del risotto alla milanese? Lo spiega bene Calvino nella sua lezione sulla Molteplicità: partendo dal risotto, i dettagli si moltiplicano, le divagazioni si fanno infinite e la letteratura prende vita diventando davvero efficace e multiforme.

… la grande sfida per la letteratura è il saper tessere insieme i diversi saperi e i diversi codici in una visione plurima, sfaccettata del mondo. (Italo Calvino – Lezioni americane, Molteplicità)

Ecco che il segreto è assumere una visione diversificata, proporsi imprese inimmaginabili come per esempio fare parlare ciò che non ha parola. Ti svelo una cosa buffa, di recente ho partecipato a un contest e in un minuscolo racconto ho fatto parlare un divano.

Tornando all’idea di molteplice, non posso non pensare a Pirandello, scrittore che amo e che si definì figlio del Caos e non solo metaforicamente, perché Caos è il nome della località vicino ad Agrigento dove è nato. Tutti conosciamo la teoria delle maschere: l’uomo è costretto a indossarle, ad assumere comportamenti ad hoc, a seconda delle circostanze. Per Pirandello un conto è l’essere, un altro l’apparire. Siamo in un certo senso costretti a divenire molteplici perdendo così la nostra individualità. Insomma, è un bel dilemma questa molteplicità: a seconda di come la si guarda, può essere letta come libertà di essere o come trappola dell’io. Il mondo per Pirandello diventa un palcoscenico dove ognuno recita una parte. Pertanto, per lui è un’enorme trappola. Lascio però decidere a te quello che preferisci.

Tra caos e disarmonia, si fa strada la molteplicità dei personaggi felliniani nel loro conflitto tra maschera e volto, ricordando lo stesso Pirandello. Tuttavia, a differenza dello scrittore, Federico Fellini è affascinato da questa dicotomia e ci scherza su, ne diventa complice, descrivendola in maniera agrodolce, ma mai tragica.

Una piccola curiosità: lo sapevi che il titolo Lezioni americane è stato scelto dalla moglie di Calvino, Esther? E sai come? Pietro Citati, ogni volta che andava a trovarlo gli domandava Come vanno le lezioni americane? Italo Calvino non ebbe il tempo di pensare a un titolo italiano, aveva scritto solo quello in inglese “Six memos for the next millennium”.

E se vuoi volare un po’ vai qui.

Avevo sempre sognato da grande di fare l’aggettivo. Ne sono lusingato. Cosa intendano gli americani con felliniano posso immaginarlo: opulento, stravagante, onirico, bizzarro, nevrotico, fregnacciaro. Ecco, fregnacciaro è il termine giusto. (Federico Fellini)

(photo by Davisuko on Unsplash)