
Io cambio lavoro ogni giorno. È un concetto su cui sono tornata negli ultimi due mesi, da quando effettivamente c’è stata una svolta nella mia vita lavorativa. O meglio, sono sempre un’insegnante, ma in una scuola diversa, una realtà del tutto nuova, con relazioni da intrecciare e molte cose da imparare (e studiare!), ma con rinnovata motivazione e desiderio di dimostrare soprattutto a me stessa di cosa sono capace.
Se abbiamo la sensazione di spendere ogni giorno il nostro talento in modo diverso, allora significa che quello è il lavoro che fa per noi. Se riusciamo a vedere la stessa cosa con occhi nuovi, se portiamo a casa una frase che ci ispira, allora siamo sulla strada buona. Questa è la mia idea e ne ho conferma strada facendo.
Sempre qualcosa in più. Sto tenendo nota di quello che ascolto e imparo. A volte sono piccole idee, altre concetti profondi, altre ancora immagini e ricordi che qualcuno mi regala. Voglio che questo sia il mio compito: farci caso. Possono essere davvero momenti di semplicità, un grazie inaspettato, una parola di stima, una poesia che mi parla, un concetto noto che a distanza di tempo assume un significato diverso, una luce particolare sul lago dalla mia finestra preferita, due chiacchiere e un caffè.
Cosa cambia davvero le mie giornate? Sono i temi dei ragazzi o le brevi riflessioni settimanali che assegno per compito. Quanto sanno essere profondi? Hanno soltanto bisogno di spazio e tempo, di sentirsi tranquilli. Forse all’inizio nemmeno loro sanno quante cose possono insegnare a me, a noi adulti che rischiamo di essere sopraffatti dal disincanto. Una classe è tanti piccoli mondi, tanti occhi che la mascherina non può imprigionare e che hanno sete di prospettiva.
Una valigia di spunti. In una settimana di lavoro faccio scorta di spunti meravigliosi perché l’educazione non deve essere una cosa tetra, lo diceva Gianni Rodari. Non deve esserlo per chi apprende ma neppure per chi insegna. Perciò in pochi giorni io colleziono meraviglie: la poesia ermetica di Ungaretti e le sue parole così dense ed essenziali, la biografia di Michelle Obama e il suo percorso per diventare ciò che è, nuovi personaggi con pazzi superpoteri pronti a entrare in un racconto fantasy, la foto preferita di ciascuno e le emozioni e i ricordi che esprime, e le risposte alla domanda “quando eri piccolo, cosa sognavi di diventare?”. Da quest’ultima è uscita una galleria di quadretti stupendi.
Cosa penso. Una mattina qualcuno nel suo quaderno ha scritto che da piccoli era tutto più facile, anche sognare in grande era naturale e le cose più assurde non creavano imbarazzo. Adesso invece riconosciamo gli ostacoli da lontano e abbiamo paura di sbagliare. Qui mi torna in aiuto Gianni Rodari (oggi sarebbe il suo compleanno!): sbagliando si inventa. Ecco, io penso che si dovrebbe dubitare di più, ma essere anche meno severi con se stessi. E fare caso alla bellezza delle piccole cose, trarne gioia. Come dice Montale nei primi versi della poesia I limoni:
Ascoltami, i poeti laureati
si muovono soltanto fra le piante
dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti.
lo, per me, amo le strade che riescono agli erbosi
fossi dove in pozzanghere
mezzo seccate agguantano i ragazzi
qualche sparuta anguilla:
le viuzze che seguono i ciglioni,
discendono tra i ciuffi delle canne
e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni.
(photo by Sweetlouise on Pixabay)
Cara Chiara, come una vera e propria carrambata ti ho ritrovata: sei stata la mia professoressa di italiano alle medie, e ti ricordo con tanto affetto e tanta stima (ancora me lo ricordo l’Orlando furioso!). Ora sono anche io un’insegnante, anche se non di italiano, e condivido tutto quanto hai scritto in questa pagina. Quanta energia e nuovi spunti sanno regalarci gli studenti! Spero un giorno di rivederti anche di persona, intanto auguri di buone feste e complimenti per il blog!
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Laura tesoro!!! Che sorpresa ritrovarti, davvero una carrambata. Tanti auguri anche a te, mi hai reso felice nel pensare alla bellezza delle connessioni… ti abbraccio
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