In questi ultimi due mesi ho avuto modo di pensare tantissimo, a volte con consapevolezza, altre per noia, altre ancora per uno slancio improvviso di entusiasmo ingiustificato. Ho anche lavorato tantissimo, imparato in poco tempo nuovi strumenti e nuove metodologie, ho messo in atto una rapida capacità di adattamento e di flessibilità, dagli orari stravolti, alla routine completamente nuova. È stato come un tuffo nell’acqua fredda del mio lago: sconvolgente e rigenerante. Anche se devo ammettere che porto con me un pochino di ansia e qualche fobia in più. È umano, giusto?
Non è smart working
E ho avuto modo di entrare nel magico mondo dello smart working, il lavoro agile, di cui tanto sentivo parlare mentre io andavo in trincea, tra i banchi di scuola. Magico, mica tanto. Perché sono stata completamente risucchiata da ritmi assurdi: registro video lezioni la sera tardi, al mattino presto sono già al pc per rispondere alle email, passo interi fine settimana a correggere e preparare test e domande di approfondimento, programmo sportelli di recupero, ricevo messaggi in piattaforma Weschool ad ogni ora del giorno, respiro lo stress da aula virtuale con gente (non sempre e non tutta motivata) che scompare e riappare dal monitor durante una spiegazione importante o proprio mentre pongo una domanda. Non è smart working questo!
Diamoci una calmata
Eh sì, me lo sono proprio detta. Non posso continuare così, senza pause, senza tregua. In questo periodo si lavora anche per combattere la noia dei lunghi pomeriggi domenicali, ma così non va bene. Negli ultimissimi fine settimana, mi sono imposta di non controllare le email o almeno di non aprirle, non aprire Whatsapp e le sue chat fagocitanti, per non parlare dei lunghi vocali registrati come se non ci fosse un domani. Stop, respira. Liberati da questo assedio, non puoi controllare ogni cosa. Da alcuni giorni mi sono presa del tempo per me, ho deciso che, in momenti dedicati, mi lascio ispirare, mi metto in modalità ascolto, ma solo di quello che mi piace. Leggo molto, cerco immagini su Pinterest, scrivo, resto in contatto con chi mi vuole bene, combino informazioni e da tutto questo ogni tanto scoppiano e partono meravigliose scintille.
Come i panni stesi
Ho abbracciato quella che chiamo la filosofia dei panni stesi: loro se ne stanno lì al sole, assorbono i suoi caldi raggi, svolazzano proprio come le mie idee. Sono comunque ancorati a un filo, un progetto che ha bisogno di essere alimentato, a cui mi aggrappo volentieri. Ecco, mi sento un po’ così nei fine settimana in cui mi impongo di pensare a me. Mi lascio accarezzare dal venticello in giardino, inspiro il dolce profumo dei fiori di pitosforo e ho imparato a concentrarmi su rumori familiari e teneri: il ronzio delle api, lo sbuffo della moka, il garrire delle rondini e il cane Pupi che scuote le orecchie.
Ti lascio con due spunti. Nelle mie assurde ricerche, ho riscoperto un libro di fantasia, Il drago e le farfalle e altre storie di Italo Calvino. Nella prima storia un drago sogna di diventare farfalla. Lo sapevi che non tutti i draghi sono feroci e cattivi, ma alcuni sono farfalle dentro? Questa è una bellissima fiaba che parla di sogni. E poi c’è una canzone che mi accompagna in questi giorni, Don’t panic dei Coldplay, quando sento che nel mio guscio sto troppo bene e temo quello che c’è fuori.
E tu, cosa fai per sentire un po’ di leggerezza? Raccontami!
photo by Hayley Clues on Unsplash
Nel mio caso non ha cambiato granché il mio modo di vivere, ovviamente mettendo da parte l’angoscia e il dolore per tutte le sofferenze viste e qualche perdita tra persone a me care.
Sono sempre stata un po’ selvatica perciò il distacco sociale non mi ha toccato, non ho quindi sofferto più di tanto la clausura. Purtroppo ho invece sofferto l’angoscia per quello che stava e sta ancora succedendo, perciò mi è mancata la concentrazione necessaria per combinare qualcosa di soddisfacente.
Ho diversi progetti letterari in attesa di essere elaborati, ma mi manca l’entusiasmo per andare avanti.
In poche parole: non ho combinato niente.
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E secondo me non bisogna neppure forzare le cose, arriveranno. In fondo sono lì e, come dice Shakespeare, in Enrico V “quando l’anima è pronta lo sono anche le cose”. Io per ora mi accontento di svolazzare e a sprazzi mi dedico al mio progetto. E ti confesso che anche io sono un po’ selvatica…😀
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