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Una mattina sono rimasta male per le parole che il libro di letteratura ha riservato a Matilde Serao. Poche parole per denigrare un’autrice e giornalista di tutto rispetto, nello spazio dedicato agli scrittori veristi. Niente di più.

Verismo è un’etichetta generica… non si può nemmeno parlare di una tendenza generale del gusto: si va dal colorito e superficiale descrittivismo di Matilde Serao (1856-1927), venato di sentimentalismo da romanzo d’appendice e di ambizioni psicologistiche…

Ecco Matilde Serao liquidata in tre righe piene di critica sprezzante nel testo Le occasioni della letteratura a cura di Baldi, Giusso, Razetti, Zaccaria.

Io non ci sto, specialmente dopo aver ascoltato l’episodio 6 della stagione 1 nel podcast Giornaliste a cura di Annalisa Camilli. In quell’episodio Simonetta Sciandivasci racconta Matilde Serao in modo fresco, immediato, interessante.

Ho voluto dedicare una lezione a questa giornalista del passato per conoscerla meglio insieme ai miei studenti: è stata la prima donna italiana a fondare un quotidiano (prima Il Mattino e poi Il Giorno), avrebbe vinto il Nobel per la letteratura al posto di Grazia Deledda se non avesse firmato il Manifesto degli intellettuali antifascisti, è stata intraprendente, indipendente, appassionata e attenta agli eventi del suo tempo. Ha scritto tre romanzi importanti (Fantasia, Il ventre di Napoli e Parla una donna). Ha saputo rivedere la sua posizione interventista proprio nel terzo romanzo, raccontando le infelici storie dei reduci di guerra e le condizioni delle donne che nelle diverse classi sociali “combattevano” sul fronte interno. Aveva ancora una visione conservatrice del ruolo della donna nella società, in linea con una mentalità di tardo Ottocento e con la propaganda bellica, non si riteneva (e non lo era) femminista, ma sapeva raccontare la “vita tutta” e una nuova prospettiva della guerra. Lei e il marito Scarfoglio erano amici di d’Annunzio. Nel 1886 litigarono con il poeta per motivi professionali, Scarfoglio sfidò a duello d’Annunzio, ma poi si riappacificarono cinque anni dopo.

Matilde Serao ha rivolto la sua attenzione agli indicibili della società, ai miserabili della sua città, Napoli, continuando tuttavia a scrivere articoli di cronaca mondana. Ha sorriso al body shaming di cui è stata vittima per la sua costituzione robusta, ha amato Napoli alla follia.

Quel testo di letteratura di quinta ha 1068 pagine, sì esatto 1068. Soltanto 17 sono dedicate a scrittrici donne. Grazie Deledda, Alda Merini, Elsa Morante, Amelia Rosselli si sono contese all’ultimo respiro ben diciassette pagine. Quel testo lo abbiamo cambiato, è al suo ultimo anno. Con rammarico devo ammettere che la nuova adozione non è molto più ricca della vecchia…

Mi sono comunque ripromessa di dedicare un’ora o due a settimana a quante più scrittrici possibili nel panorama letterario italiano del 900 e oltre, attingendo da letture e approfondimenti personali. Intendo decisamente sconfinare oltre le diciassette pagine del libro di testo.

Io, è inutile, sono grafomane, come diceva il povero Scarfoglio; e la carta, la penna e il calamaio sono le sole cose che mi avvincono, fra tutti gli oggetti di questa terra. (da una lettera inedita del 24 gennaio 1921, indirizzata alla figlia Eleonora)

Qualche lettura per approfondire:

Mancano le scrittrici nei programmi di scuola

Matilde Serao, influencer ante litteram

Lettera di Matilde Serao al Vesuvio

Parla una donna, romanzo

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