letteratura femminile, la letteratura è femmina, scrittrici da scoprire, scuola e formazione

Per troppo tempo ci siamo dimenticate che esistono le scrittrici. Io da studentessa non ci ho mai fatto caso, non mi sono mai domandata perché non ci fossero donne tra le pagine dei miei libri di testo. E per questo sono arrabbiatissima con la me adolescente al liceo ma anche con la me studentessa universitaria. Provo rabbia per la mia indifferenza di fronte ad assenze così pesanti. Adesso che ho imparato a farci caso e indignarmi, voglio poter fare il possibile per dare risalto alle scrittrici, tutte quelle che riesco, imparando a conoscerle io per prima. Sento di avere moltissimo da apprendere.

Quest’anno nel libro di letteratura della mia terza, le uniche intellettuali menzionate in due minuscoli paragrafi che rischiano di passare inosservate (anzi, è così che avviene), sono Madame de Stael e Mary Shelley. Innanzitutto si nota subito che sono tristemente accomunate, oltre che dalla solitudine tra le pagine di quel “mattone”, anche dal fatto che hanno assunto i cognomi dei mariti e con quelli sono diventate famose. In secondo luogo mi deprime vedere che su 770 pagine le scrittrici occupino due paragrafi che insieme non fanno una pagina. Perciò voglio partire da loro, da Madame de Stael e da Mary Shelley e dare loro lo spazio e l’attenzione che meritano. A questo punto, se autori e autrici dei libri di testo e le case editrici non possiedono questa sensibilità e questa consapevolezza, è responsabilità di chi insegna integrare il “programma” di letteratura, non si può più aspettare. Le lezioni e studenti e studentesse ne trarranno un vantaggio enorme.

Madame de Stael è nota per il suo salotto nel castello di Coppet in Svizzera, dove ospitava tanti intellettuali dell’800, un vero cenacolo delle idee, cruciale per il passaggio dall’Illuminismo al Romanticismo. Ma spesso ci si dimentica che ha scritto molte opere importanti e saggi letterari, tra le numerose difficoltà di rendersi credibile ai colleghi maschi che qualche volta la deridevano, come ad esempio Goethe e Schiller. Non parliamo di Napoleone che la disprezzava e la temeva al punto da ordinarle l’esilio ad almeno 40 km da Parigi. Pare che proprio Napoleone facesse commenti non richiesti sul suo aspetto fisico (fosse almeno bella!). C’è un’opera in cui madame de Stael, il cui nome era Anne Luoise Germaine Necker (sì, era figlia del ministro delle finanze di Luigi XVI!) esprime la sua idea sul ruolo della donna nella società e nella letteratura, De la litterature , e lamenta il fatto che le donne devono costantemente lottare contro il pregiudizio dei maschi e si trovano nella condizione di dimostrare che valgono. E’ stata un’intellettuale lungimirante e coraggiosa, insisteva sull’importanza delle traduzioni delle opere per una maggiore diffusione della cultura e delle idee. Tra le curiosità che ho trovato meritevoli di attenzione ci sono il fatto che a dodici anni iniziò a leggere i filosofi illuministi, che amava la cultura tedesca e la riteneva più innovativa di quella francese e infine che considerava la cultura italiana troppo ancorata al suo passato, suscitando lo sdegno di Leopardi. (vedi la lettera “Sulla maniera e sull’utilità delle traduzioni” del 1816)

Mary Shelley ha scritto Frankenstein a diciotto anni per caso, trovandosi con un gruppo di amici nella villa affittata per l’estate del 1816 da lord Byron. Un pomeriggio particolarmente piovoso, Byron, per ingannare il tempo, propose ai suoi compagni di scrivere una storia di fantasmi . Mary Shelley abbozzò Frankenstein, la storia del giovane dottor Victor Frankenstein e della sua creatura. Victor era ossessionato dall’utopia di infondere vita alla materia inanimata; nel corso di alcune ricerche clandestine, credette di aver scoperto il segreto della vita. Trascorse così dei mesi cercando di creare un essere vivente assemblato con parti del corpo provenienti da cadaveri, che egli studiava di notte scoperchiando le tombe dei cimiteri. Una notte, finalmente, la creatura prese vita e lui terrorizzato scappò.

La storia fu pubblicata la prima volta in modo anonimo nel 1818 poiché nessun editore voleva concedere a Mary Shelley questo diritto sacrosanto e si preferiva attribuire la paternità dell’opera al marito, scrittore famoso e rispettato. Soltanto cinque anni dopo Mary ha potuto pubblicare con il suo nome in copertina. Frankenstein o il nuovo Prometeo è un libro originale e mostruoso, una storia di diversità e di umanità che offre spunti per ragionare sui limiti della ricerca biologica e sull’ingiustizia umana.

C’è una cosa di Mary Shelley che molti non sanno: era figlia di Mary Wollstonecraft, brillante e battagliera proto-femminista, morta di setticemia subito dopo averla data alla luce. Wollstonecraft è autrice di numerosi scritti femministi, forse il più importante è Vindication of the rights of woman, un testo molto critico nei confronti del sistema educativo inadeguato delle ragazze di allora, un sistema che voleva tenerle in una condizione di ignoranza camuffata da innocenza. Il testo sottolineava l’importanza civile e politica dell’istruzione. Anche Mary Shelley fu una figura importantissima per le sue colleghe donne: visse seguendo i princìpi della madre per tutta la vita e aprì la strada ad altre scrittrici, provando che la creatività e l’ingegno non hanno differenze di genere. All’epoca, era un’idea rivoluzionaria quanto quelle che professava la madre. Mary Shelley dimostrò che una donna era in grado di scrivere romanzi che non parlassero solo di amore e principi eroici. Potevano parlare di filosofia, mostri, scienza ed etica. Chissà cosa avrà provato Mary Shelley nel leggere i libri di sua madre, cosa avrà pensato nel cogliere la schiettezza e la profondità che quella donna sapeva mettere nei suoi scritti, non risparmiando critiche neppure a Rousseau che pure stimava. Di Rousseau Mary Wollstonecraft scrisse:

«Le considerazioni di Rousseau, secondo cui le donne sono naturalmente interessate a bambole, vestiti e conversazioni, del tutto indipendentemente dall’educazione, sono talmente puerili da non meritare neppure di essere seriamente confutate». (Vindication of the rights of woman, 1792)

Per aprire un po’ gli occhi ti consiglio:

  • Un poster che fa capire quanto lontani siamo dal conoscere la letteratura italiana del ‘900 (non parliamo di quella europea), da un’idea di @missconosciute e @_imieiritagli_ : nel poster si vede “un iceberg dal sommerso profondissimo, composto non da ghiacci perenni ma da nomi di scrittrici dimenticate o troppo poco note del ‘900 italiano”.
  • Qui invece il podcast Giornaliste da un’idea di Annalisa Camilli.
  • E qui il podcast su Ingeborg Bachmann di Ilaria Gaspari.

(Photo by Girl with red hat on Unsplash)