
Sappi che quando conosci qualcuno a fondo hai un grande potere, quello di metterlo a disagio. Non ci si pensa finché un giorno non succede a te. Spesso a farlo sono le persone che amiamo, che per ovvi motivi conoscono a memoria le nostre fragilità, come pure le circostanze che ci danno fastidio. E ci conoscono talmente bene che non avremmo neppure bisogno di spiegare loro cosa ci succede; invece puntualmente arrivano le domande imbarazzanti, di quelle che ci mettono alle strette, ma che non aiutano a superare il momento.
Penso che usare la confidenza come mezzo per ferire l’altro sia una delle cose peggiori che si possa fare, magari affondando bene il colpo nelle sue vulnerabilità, ma è quello che ci riesce meglio quando litighiamo. Invece, dovremmo proteggere le debolezze e prendercene cura. Certo è un po’ faticoso e per qualcuno anche noioso ed è qui che entrano in gioco la pazienza, una buona dose di empatia e tanta gentilezza. Ti suggerisco di andare a vedere il Sii gentile/30 di Burabacio, è tenerissimo e molto vero.
Non lo so perché, ma questo blog post è diventato un piccolo rimprovero verso chi proprio non ce la fa a vedere più in là del suo naso, un augurio ad allenarsi alla pazienza e a gustarsi i legami coltivandoli con dedizione. Insomma, connettiamoci senza troppe parole, il resto seguirà.
Tante volte non serve parlare, non si ha neppure il tempo di dare spiegazioni perché qualcuno è lì per noi e sa già tutto. Per esempio, ho delle amiche che si accorgono a distanza che qualcosa non va: una fa sogni premonitori, un’altra legge gli sguardi, e poi c’è quella che ascolta con la massima attenzione e addirittura ripete quello che ascolta. Si tratta di connessioni pazzesche, di legami che il tempo e lo spazio non possono sbiadire. Che fortuna!
Montale scriveva:
Non chiederci la parola che squadri da ogni lato l’animo nostro informe. (Non chiederci la parola – Ossi di seppia, 1925)
Non è necessario giustificare e spiegare tutto. Siamo molteplici, spesso siamo noi stessi i primi a non saper dire bene cosa ci succede. Le parole non servono, quando ci si riconosce e ci si legge dentro.
(photo by Javardh on Unsplash)