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Mi piacciono le cipolle, eppure ne mangio pochissime perché mi creano del disagio, soprattutto nell’ambito della socialità. Insomma lo sai, la cipolla (come l’aglio) è nemica della comunicazione, allontana da noi il nostro interlocutore e sprigiona un’essenza persistente che si ripropone in noi a intervalli più o meno regolari. Ecco perché preferisco non abusarne.

Non è sempre facile, perché si accompagna troppo bene ai piatti estivi: infatti devo ammettere che ultimamente sto sgarrando un po’. Ed ecco il disagio nel parlare con qualcuno a cui lascerò il ricordo indelebile del mio alito cipolloso.

La cipolla di ritorno assomiglia ai momenti  in cui il dialogo si fa complicato, quando le cose sono dette male, oppure quando non si comunica affatto.

Non è mia intenzione scadere nei luoghi comuni, ma proprio di recente mi è capitato di percepire l’incomunicabilità e ho voglia di raccontarti: c’è, per esempio, chi preferisce comunicare con quegli aggeggi che infestano le nostre case, gli smart speakers ai quali si può chiedere e comandare di tutto. Sì, oggi dico aggeggi, anche con una certa diffidenza perché mi sembra che a volte le persone interagiscano più volentieri con loro che con esseri umani che magari sono proprio lì vicino, a un tiro di schioppo.

Quando poi si arriva a dirsi le cose mandandosi email da una stanza all’altra della casa, allora credo che una mutazione irreversibile sia ormai in corso.  Aiutooo!

Comunque io amo ancora dialogare alla vecchia maniera, mi piace interagire con le persone, mi piace relazionarmi a tu per tu e raccontare storie, nonostante tutta la cipolla che sto mangiando quest’estate. La soluzione può essere mangiare cipolla tutti assieme, così passa l’imbarazzo. E ogni tanto, di nascosto, stacco la spina di uno smart speaker che sta parlando da solo (e, secondo me, mi spia pure!).

Ti lascio con un piccolo trucchetto: quando non riesco a dire qualcosa mi faccio aiutare dai NON: ragiono al contrario chiedendomi cosa non mi piace, cosa non voglio essere. È molto utile, sai? Mi piace raccontarlo spesso, anche a scuola. Eugenio Montale spiega questo approccio alla conoscenza come una caratteristica tipica dei poeti, con questi versi stupendi:

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.
(E. Montale – Non chiederci la parola)

(photo by Kristen Kaethler on Unsplash)