Da studente pensavo che non sarei mai diventata come certi miei insegnanti, non tutti eh. Non farei questo lavoro se qualcuno non mi avesse fatto amare la scuola al punto da non lasciarla neanche da grande. Però ho stampato nella mia mente gli atteggiamenti che non apprezzavo: insegnanti privi di umanità, qualcuno sadico prima e durante l’interrogazione, qualcuno capace di umiliare con una battuta infelice o di mettere in imbarazzo i più timidi obbligandoli per esempio a cantare davanti a tutti.
Ecco, io sapevo che non sarei mai stata così e penso proprio di esserci riuscita. Non è presunzione, è senso di giustizia.
In questi anni ho imparato a dire più spesso “come stai oggi?” “ben tornato” e “bravissima!”, “sai creare cose bellissime, ma come fai?”, “che bel lavoro”, “te la senti di parlare?”. Ho cercato insomma di dare importanza al lato umano che in tanti anni di scuola (da allieva) ho visto in pochi insegnanti.
Un altro pericolo al quale ogni docente deve far fronte è sicuramente il fattore noia. Interessare i ragazzi oggi è una sfida perché sono abituati a cambiare argomento con una facilità pazzesca: hanno tempi di concentrazione ridotti, sono sottoposti a ritmi velocissimi e a tanti stimoli diversi.
La scuola per loro è il luogo della lentezza, dove tutto è meno fluido, è scandito da momenti precisi e piuttosto lunghi. Dovremmo riuscire a convincerli che tutto questo è un privilegio, perché lo è davvero! Rallentare, fermarsi a riflettere, guardare l’altro negli occhi, parlare e scrivere chiaramente, sono cose bellissime che si imparano a scuola. E poi ci sono espedienti che possiamo utilizzare per rendere il tutto meno palloso faticoso. Mi sono capitate occasioni interessanti che hanno dato un taglio diverso alle mie lezioni. Ho raggiunto degli obiettivi cambiando prospettiva, molto più vicina alla sensibilità dei ragazzi.
Ecco alcuni esempi:
- Trasformare un’esperienza di vita quotidiana in una competenza: il rispetto e l’affetto che ci lega agli animali (il riccio salvato in giardino, il pettirosso che ha sbattuto contro il vetro della scuola, il cagnolino di Sara morto l’anno scorso); un litigio tra amici; l’incomunicabilità in famiglia, una riflessione sulle nostre qualità e i nostri difetti (le liste funzionano sempre!).
- Riferire i racconti e le letture di nonni e bisnonni (chi ha vissuto la prima guerra mondiale, chi è stato partigiano, chi, appassionato di mitologia greca, raccontava storie al nipotino prima di dormire)
- Analizzare i corti Pixar o CG Bros (che sono stupendi). Ho usato quello dei Pennuti spennati per parlare di bullismo e di lavoro di squadra, oppure quello di Monster box per parlare di rispetto e di amicizia oltre le differenze.
- Sfruttare le loro competenze digitali per creare presentazioni animate bellissime di storia e geografia: abbiamo creato un tour insolito a Londra, un menù molto speciale con ingredienti delle civiltà precolombiane, degli appunti per immagini sull’ideologia nazista e alcuni video in cui realizzano interviste e telegiornali.
Poi certo la noia non sparisce del tutto, la fatica è indispensabile a volte, il senso di insormontabile ci sta, ma è giusto così, sono aspetti che fanno parte dell’esistenza e non sarebbe onesto instillare nelle menti agili e furbe dei ragazzi l’idea che tutto si possa raggiungere senza sforzo e senza preparazione adeguata. A questo proposito vi consiglio questo articolo che parla dell’importanza dell’attenzione, come funziona e quanto è preziosa.
A volte per rendere più piacevole una lezione difficile come quella di grammatica basta qualcosa di molto semplice senza andare alla ricerca di strategie marziane: dolcetti e caramelle per tutti, a patto che prima si sudi e si pianga sull’analisi logica e sul congiuntivo!
(photo by Daniel Cheung on Unsplash)
Bellissimo post, è vero che anche un semplice “ben tornata” dopo un’assenza ti cambia la giornata!
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Sì, Gaia, ne sono convinta anche io. Le piccole attenzioni sono importanti!
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